
Il libro affronta l’immagine dell’indigeno proposta in Italia tra il 1935-1936, durante la guerra d’Etiopia. Dall’analisi di un’ampia produzione grafica, rintracciata perlopiù sulla stampa periodica, emerge un panorama fitto di sollecitazioni culturali e visive ma anche di distorsioni e contraddizioni: un’Africa vittima e una carnefice; un’Africa seducente e una ripugnante. Le immagini di schiavi oppressi (da liberare) si mischiano con quelle di africani bruti (da domare) ed è sempre meno facile accertare la natura dell’impresa fascista che sembra configurarsi, al contempo, come una guerra di liberazione e di aggressione. La contraddizione esplode poi, irrisolvibile, nella figura della donna africana, costretta, a seconda delle esigenze, nei due opposti stereotipi della Venere nera o della selvaggia maleodorante. I documenti mostrano come il richiamo alla prima guerra d’Africa e alla cocente sconfitta di Adua del 1896, fosse a sua volta finalizzato a suscitare un sentimento di vendetta per i caduti, fatalmente travolti dalla ferocia degli abissini barbari, bestiali e crudeli. È entro la rigida maglia della narrazione coloniale, tesa fra gli estremi dialettici di civiltà e barbarie, che il discorso razzista prende forma e si concretizza, in netto anticipo sulle tragiche leggi del 1938.
Ne discutono con l’autrice Diego Guzzi (Unione culturale Franco Antonicelli), Luca Pietro Nicoletti (Quodlibet) e Barbara Sorgoni (Università di Torino).
Organizzazione: Unione Culturale Franco Antonicelli, in collaborazione con il Museo Diffuso della Resistenza e il Centro Piemontese di Studi Africani.
SCHEDA DEL LIBRO edito da Quodlibet nel 2018
Questo libro indaga l’immagine dell’indigeno proposta in Italia tra il 1935 e il 1936, durante la guerra d’Etiopia. Dall’analisi di quest’ampia produzione grafica, rintracciata perlopiù sulla stampa periodica, emerge un panorama fitto di sollecitazioni culturali e visive ma anche di distorsioni e contraddizioni, rimaste impigliate nel discorso di regime: un’Africa vittima e una carnefice; un’Africa seducente e, al tempo stesso, una ripugnante. Le immagini di schiavi oppressi (da liberare) si mischiano con quelle di africani bruti (da domare) ed è sempre meno facile accertare la natura dell’impresa fascista che sembra configurarsi, al contempo, come una guerra di liberazione e di aggressione. La contraddizione esplode poi irrisolvibile nella figura della donna africana, costretta, a seconda delle esigenze, nei due opposti stereotipi della Venere nera o della selvaggia maleodorante. Il richiamo alla prima guerra d’Africa e alla cocente sconfitta di Adua del 1896 era invece finalizzato, com’è ovvio, a suscitare un sentimento di vendetta per i caduti, fatalmente travolti dalla ferocia degli abissini barbari, bestiali e crudeli. Ma gli stereotipi si potevano anche rimescolare, fino a ribaltarsi sull’immagine dei nemici europei, gli inglesi, accusati di altrettante nefandezze. È quindi entro la rigida maglia della narrazione coloniale, compresa fra gli estremi dialettici di civiltà e barbarie, che il discorso razzista prende vita e si concretizza, in una prospettiva ideologica e politica utile a chiarire il delinearsi dell’opzione razzista in Italia, in anticipo sulle tragiche leggi del 1938.
Indice
- Federica Rovati, Prefazione
- Introduzione
- 1. Questioni politiche, questioni razziali
- 1.1 Il negus e i nostri amici inglesi
- 1.2 La simpatia del Dragone Nero per il povero abissino
- 1.3 Questione di civiltà
- 2. Stereotipi di genere
- 2.1 Mimi ginevrini
- 2.2 La Venere nera
- 2.3 Visioni abissine
- 3. L’altra guerra
- 3.1 La bandiera del maggiore Toselli
- 3.2 Pionieri di civiltà
- 4. Fra due barbarie
- 4.1 Più selvaggi di come si dipingono
- 4.2 Sparare sulla Croce Rossa
- 4.3 In ogni inglese c’è un negus dormiente
- 5. Bianco e nero
- 5.1 Dee bianche, donne nere
- 5.2 Un fotomontaggio in «Domus»
L'autrice
Vanessa Righettoni si è laureata in Storia dell’arte all’Università degli Studi di Torino e frequenta la Scuola di Specializzazione in Beni storico-artistici a Udine. Si è occupata di iconografia razzista in Italia, con particolare attenzione alla propaganda antisemita nel periodo fascista.