di Luca Barana
Il 29 e 30 novembre si è tenuto ad Abidjan, in Costa D’Avorio, il Quinto Summit fra Unione Africana ed Unione Europea, che ha riunito i capi di Stato e di governo dei Paesi membri delle due Unioni continentali. Il Summit costituisce l’occasione di confronto al più alto livello fra i leader di Africa ed Europa, e segue il precedente vertice di Bruxelles nel 2014. Il tema principale del Summit è stato l’investimento, non solo economico, sui giovani, in particolare nel Continente africano. Un impegno reso necessario dalla demografia, come ha ricordato Jean Claude Juncker, considerando che già oggi la maggioranza della popolazione africana ha meno di 25 anni.
La prima edizione del Summit si era tenuta invece a Il Cairo nel 2000: un’altra epoca, un’altra Africa, un’altra Europa.
Migrazioni al centro dell’agenda
La prima edizione si era concentrata sulle crescenti relazioni economiche e commerciali, riflettendo l’agenda europea che ambiva a firmare rapidamente accordi di libero scambio con alcuni gruppi regionali africani. A 17 anni di distanza, questi accordi, gli Economic Partnerships Agreements, non sono mai stati firmati, se non da alcuni Stati, in una versione parziale e riveduta.
Oggi l’agenda europea ha posto al centro del Summit il tema delle migrazioni, premendo sui partner africani per una maggiore collaborazione sui temi dei rimpatri e dei controlli sulle rotte migratorie verso l’Europa, come aveva d’altro canto anticipato l’Alto Rappresentante Federica Mogherini alla vigilia del vertice, quando affermava che i Paesi africani avrebbero dovuto “fare di più”. In cambio di questa apertura, l’UE si è detta disponibile a ragionare di “vie legali di migrazione”.
La cooperazione fra Unione Europea e Paesi africani si è approfondita negli ultimi anni, a partire dal Vertice di La Valletta del Novembre 2015, quando leader africani ed europei concordarono il lancio dello EU Emergency Trust Fund for Africa, un fondo fiduciario finanziato dalle risorse della cooperazione allo sviluppo europea e, in misura più limitata, dai contributi degli Stati membri, per combattere le cause profonde delle migrazioni in Africa. Oggi, il Trust Fund finanzia progetti per 1.9 miliardi, talvolta però indirizzati a fini più legati al tema della sicurezza, come l’addestramento dei corpi di frontiera di alcuni Stati africani (si pensi al progetto di capacity building per la Guardia Costiera Libica) oppure i progetti indirizzati a rafforzare la collaborazione fra i Paesi del Sahel e la Libia stessa per i controlli sulla frontiera meridionale del Paese.
La situazione in Libia
Proprio il contesto libico e la presenza di centinaia di migliaia di migranti rinchiusi in centri di detenzione dalla dubbia legalità è stata al centro di una dichiarazione congiunta fra le due parti, in cui si denuncia la violazione dei diritti umani dei migranti in tali strutture e, in generale, lungo le rotte migratorie. Fra le prime azioni, ritorna l’idea di campagne informative rivolte ai giovani, per diffondere la consapevolezza dei rischi del pericoloso viaggio verso l’Europa. Altro punto caro alla diplomazia europea (meno per quella di molti Stati africani) è il sostegno ai rimpatri volontari nel proprio Paese di origine per i migranti bloccati in Libia: una soluzione sempre controversa, data la manifesta volontà di tali persone di spostarsi. Sinora, i programmi di rimpatrio volontario sostenuti dall’UE hanno favorito il movimento di circa 13.000 persone.
La cooperazione dovrebbe raggiungere livelli di efficacia più soddisfacenti grazie al lancio di una Task Force fra UE, Unione Africana e Nazioni Unite per proteggere i migranti lungo le rotte più rischiose, e in particolare in Libia. Anche gli obiettivi della Task Force ribadiscono l’importanza di favorire i rimpatri volontari assistiti, a fianco di programmi di ricollocamento per chi ha diritto alla protezione internazionale. Bisognerà tuttavia valutare quali risorse effettive saranno dedicate a tale iniziativa.
Sviluppo economico e giovani
Al fianco del tema migratorio, le altre priorità identificate dai leader africani ed europei sono l’investimento in capitale umano (istruzione, scienza, tecnologia, competenze); il rafforzamento di resilienza, pace, sicurezza e governance; la mobilitazione di investimenti economici in Africa per favorire una trasformazione strutturale e sostenibile. A questo proposito, l’UE ha ribadito il proprio impegno tramite l’External Investment Plan, che punta a favorire l’investimento di circa 44 miliardi di risorse private. Un piano ambizioso, il cui effetto leva (l’UE fornirebbe una somma inferiore che dovrebbe ‘garantire’ e fungere da aggregatore per gli investimenti privati) dovrà essere concretamente valutato negli anni a venire.
(L'approfondimento compare anche su Europae - Rivista di Affari Europei)