di Esperance Ripanti
L’ìdea inziale fu quella di raccogliere e confrontarsi sulle testimonianze delle diverse culture presenti nella città di Torino. Era il 1995 e, nella ex sede di via Frattini, si firmavano le prime delibere per la nascita del Centro Interculturale. Alice Turra apre le danze di questo compleanno, omaggiandone i primi passi attraverso ricordi vividi. Col volto pieno di sincera commozione e sulle labbra un grazie da dedicare a chi ha partecipato a un lungo e importante viaggio durato vent’anni, che oggi si ferma un attimo, per il tempo di un compleanno.
“La via si fa andando” è il titolo perfetto per questi festeggiamenti: un’occasione per poter discutere insieme della strada intrapresa e delle vie future che si vorranno percorrere. Ognuno dei partecipanti è consapevole di star assistendo a un appuntamento importante, non solo per la storia del Centro, ma per quella di tutta la cittadinanza.
Francesco Vietti, che ha moderato l’incontro, riprende al meglio i versi di Antonio Machado (Siviglia,1875 – Collioure, 1939) che vogliono posare lo sguardo non sui traguardi raggiunti – sui quali crogiolarsi - ma su ciò che ancora è da perfezionare, portando nuovamente al Centro Interculturale l’entusiasmo e la voglia di partecipazione protagonisti indiscussi di questi ultimi vent’anni e il desiderio di una riflessione continua.
Carlotta Salerno, presidente della Circoscrizione 6 di Torino, durante il primo intervento, ha descritto il Centro Interculturale come un “megafono”, che ha aumentato l’interazione del territorio con la realtà circostante, riuscendo sopratutto a divenire uno strumento di riverbero, dando la possibilità di raccontare, spiegare e riportare, a chi in ascolto, ciò che accadeva nel territorio circostante.
Un tavolo, alcuni microfoni, delle bottigliette d’acqua piene e delle sedie pronte ad essere riempite. Personalità che provengono da differenti mondi (da quello universitario a quello associativo) riuniti per celebrare vent’anni di impegno sociale e per discutere, grazie a una linea temporale semplice e coerente, sulla storia, le azioni e il futuro del Centro Interculturale.
Il passato: le origini del Centro Interculturale
Quella dei primi anni del Centro Interculturale è stata una comunità in continuo cambiamento, una comunità che faticava a stare al passo con differenze incasellate per inesperienza all’interno di stereotipi e schematiche impreparate alla realtà del momento. È la collaborazione con l’Università degli Studi di Torino ad aver risollevato la situazione, facendo nascere un osservatorio interculturale e riportando alla luce i veri intenti e lo spirito del Centro.
Ed è proprio dal passato che vuole partire il viaggio attraverso la storia del Centro Interculturale, grazie a due testimoni come Anna Ferrero e il prof. Francesco Remotti (professore ordinario di Antropologia culturale). “Quando è nata l’idea del Centro, nell’ottobre del 1993, l’Italia era reduce della legge Martelli (1990, n.39) grazie alla quale è stata prevista la possibilità di ricongiungimento familiare” ricorda Anna Ferrero, aggiungendo che questo fenomeno ha permesso ai torinesi, e agli italiani in generale, di rendersi conto dei nuovi cittadini presenti sul territorio. L’arrivo in massa di cittadini albanesi con gli sbarchi del 1991-1992 aumentò notevolmente la presenza di stranieri e, insieme a Milano e a Roma, Torino divenne una delle tre città con maggiore presenza di immigrati. A fronte di quest’emergenza, la Ferrero ricorda con orgoglio le iniziative, le prime campagne culturali come “Colorati ma invisibili” e “Rumore”, realizzate con l’aiuto di tutta la cittadinanza. “Torino è sempre stata una città accogliente in cui gli strumenti e le chiavi di lettura stavano iniziando finalmente ad entrare in un’ottica interculturale”
“L’ala antropologica della città ha affrontato l’interculturalità prima di tutto riconoscendone le differenze culturale significative; rendendole oggetto di curiosità ma sopratutto di rispetto”. Francesco Remotti, coordinatore nazionale di progetti di ricerca in campo antropologico ed etnografico, sottolinea come il Centro Interculturale, una volta preso l’impegno verso questo nuovo percorso, si sia guardato intorno per osservare come gli altri Paesi stessero affrontando le medesime problematiche. Prendendo spunto e riuscendo poi a formare quasi 600 persone grazie alla creazione dei corsi da animatori interculturali.
Se il 2003 è l’anno del trasferimento del Centro da via Frattini alla zona più periferica di Corso Palermo, il 2008 è ufficialmente l’anno spartiacque che rappresenta la nascita di una vera a propria collaborazione con l’Università degli Studi di Torino. Collaborazione che permetterà di “allevare” quelli che diverranno poi i nuovi addetti a prendersi cura della realtà migratoria del territorio.
Remotti, però, non si lascia scappare uno sguardo lucido e ancora attuale su ciò che il Centro Interculturale ha dovuto affrontare, scontrandosi con la tematica di quello che lui per primo definisce “contrasto scientifico”. Un problema di convivenza che sulla carta - dietro i progetti scritti e studiati - non si riesce a scorgere, ma nelle condizioni reali scatena una forte incongruenza tra le tecniche applicate per garantire stabilità. Concludendo il professore sottolinea che per il Centro ogni esperienza, anche di esito negativo, ha portato sempre alla nascita di un nuovi stimoli e scoperte.
Il reportage sul ventennale del Centro Interculturale si arricchirà di altri due approfondimenti, pubblicati nei prossimi giorni.
(L'articolo costituisce il risultato di un progetto coordinato dal CSA, volto alla formazione e alla promozione di una redazione composta da giovani della diaspora a Torino)