di Giulia Abrate
La cosiddetta “Agenda 2030”, adottata nel settembre del 2015 dalle Nazioni Unite, è diventata il punto cardine del discorso e della preoccupazione che circondano lo Sviluppo Sostenibile. L’Agenda è anche al centro del Festival dello Sviluppo Sostenibile organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). ASviS è un progetto nato recentemente, precisamente nel febbraio 2016, con lo scopo di incrementare la consapevolezza dell’importanza dello Sviluppo Sostenibile all’interno della società Italiana.
Anche se nata solo da poco più di un anno, ASviS coinvolge più di 160 istituzioni nell’ambito della Società Civile tra cui Enti Territoriali, fondazioni e associazioni del Terzo Settore. Il Festival del 2017 comprende più di 200 eventi tra cui seminari, convegni, conferenze e spettacoli, che si terranno tra il 22 maggio ed il 7 giugno su tutto il territorio Italiano.
Collaborando con lo spirito di promozione di consapevolezza dell’ASviS, l’Università di Torino ha ospitato la mattina di giovedì 25 maggio una conferenza volta a presentare e valorizzare i pilastri dell’Agenda 2030. È importante specificare che le preoccupazioni riguardanti lo Sviluppo Sostenibile non sono nulla di nuovo; al contrario l’Agenda 2030 è stata costruita a partire dagli 8 “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” fissati nel 2000 per l’anno 2015.
Giovedì mattina l’Agenda 2030 è stata definita da Jafar Javan, direttore del “System Staff College” delle Nazioni Unite, come un “piano per le persone, il pianeta e la prosperità”: una netta espansione se comparata agli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio”. Come spiegato da Javan, l’Agenda consiste in 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e 169 target in 5 aree di principale importanza per il nostro pianeta: le persone, il pianeta stesso, la prosperità, la pace e il partenariato. Javan ha sottolineato particolarmente l’aspetto olistico dell’Agenda 2030. C’è infatti una chiara convergenza tra i pilastri del progetto e non c’è speranza di raggiungere un obiettivo se gli altri vengono trascurati. Basta leggere i 17 obiettivi per capire come essi siano collegati e come affrontino trasversalmente le 5 aree soprindicate. Obiettivi quali ridurre la povertà e la fame, assicurare buona salute ed educazione, mantenere pulite le acque e diminuire le disuguaglianze spiccano tra i 17 “SDGs”.
Javan ha anche dimostrato un particolare interesse nel sottolineare i principi dell’agenda: prima di tutto l’agenda è universale e può essere applicata in ogni Stato; in secondo luogo l’implementazione di questa Agenda ha lo scopo di “non lasciare nessuno indietro” e, per concludere, grazie all’aspetto inclusivo del progetto, ogni strato della popolazione è coinvolto.
Enrico Giovanni, Andrea Gavosto e Paolo Dieci hanno continuato la conferenza portandola ad un livello Italiano. Se paragonata ad altri stati Europei, l’Italia si trova molto indietro per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi. Per dimostrare questa asserzione è sufficiente considerare, per esempio, il decimo dei 17 SDGs, il cui obiettivo è di ridurre le disuguaglianze. Sebbene in Italia ci sia un effettivo miglioramento, il Paese è 15 anni indietro rispetto alle nazioni del Nord Europa. Le disuguaglianze tra ricchi e poveri, tra nativi e migranti sono ancora notevoli e sono probabilmente destinate a rimanere tali negli anni a venire.
Lo stesso riscontro vale per quanto riguarda la qualità della nostra educazione: se in alcune regioni nel Nord d’Italia il livello dell’educazione è comparabile a quello del Nord Europa, in altre regioni del Sud la qualità dell’educazione è la stessa, se non addirittura più bassa di Paesi come la Grecia ed il Messico. È sbalorditivo pensare che basterebbe un minimo miglioramento nella media nazionale dei test PISA (Programme for International Student Assessment) per migliorare del 5% il nostro Prodotto Interno Lordo.
(L'articolo costituisce il risultato di un progetto coordinato dal CSA, volto alla formazione e alla promozione di una redazione composta da giovani della diaspora a Torino)